UN PATTO DI BUON VICINATO

DI Daniela Sangalli

Nel suo primo discorso di Sant’Ambrogio (Per un’arte del buon vicinato. “Se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario?”) Il 6 dicembre, l’arcivescovo Mario Delpini ha indicato un modello di convivenza civile in grado di edificare “quel buon vicinato che rassicura, che rasserena, che rende desiderabile la convivenza dei molti e dei diversi, per cultura, ceto sociale e religione”.

Mons. Delpini ha rivolto una chiamata generale a tutti, fedeli ed istituzioni, perché questo patto è “una impresa comune di cittadini e istituzioni, di fedeli e pastori della comunità cristiana e delle altre religioni: è una impresa corale che riconosce il contributo di ciascuno e chiede a ciascuno di non vivere la città come servizi da sfruttare o pericoli da temere, ma come vocazione a creare legami”.

Il Vescovo ha toccato vari punti, analizzando situazioni di stretta attualità, conservando sempre uno sguardo di speranza, puntando sul tanto bene che c’è anche oggi: “Voglio fare l’elogio degli onesti e dei competenti, dei generosi e dei coraggiosi. Voglio fare il loro elogio anche per incoraggiare altri”.

A partire da rapporti di buon vicinato, Delpini ha invitato a contrastare la tendenza individualistica, a sconfiggere la cultura neoliberista che vede prevalere la logica del profitto, ad affrontare con coraggio le paure che si diffondono, sia quelle percepite che quelle reali, diffondere la cultura della legalità (“È dovere di tutti contribuire a una cultura della legalità e del rispetto; è irrinunciabile da parte delle famiglie e delle agenzie educative formare a una mentalità che apprezza il bene comune, che è il bene di essere e vivere insieme. È necessaria un’alleanza tra tutti gli uomini e le donne di buona volontà per difendere questo bene comune”) .

Riprendendo le parole di Gesù (“Se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario?” Mt 5,47), Delpini indica che cosa significa buon vicinato: diventare protagonisti della costruzione della fraternità, non tanto mediante gesti eroici quanto piuttosto mediante ogni “gesto minimo, dell’attenzione intelligente, della vigilanza semplice che riconosce, per così dire istintivamente, il bene possibile e lo compie con la naturalezza dei semplici e dei forti”.