LA PARADOSSALE CITTADINANZA DI LAZZATI
Concludendo l’omelia per le esequie del professor Giuseppe Lazzati nella basilica di sant’Ambrogio il 20 maggio 1986, il cardinale Martini, arcivescovo di Milano diceva: “Il senso della ricca esistenza di questo grande laico cristiano del nostro tempo è tutto racchiuso nella doppia polarità della paradossale cittadinanza”. Lo scorso Giugno papa Francesco ha riconosciuto le virtù evangeliche di Giuseppe Lazzati, ultimo passo prima dell’iscrizione nell’albo dei ‘beati’. Paradossale cittadinanza, dice il cardinale che aveva grande stima per Giuseppe Lazzati. Il termine ‘cittadinanza’ indica la cordiale appartenenza al mondo, alla storia, senza ombra di disprezzo perché quanto è uscito dal gesto creatore “ è molto buono”. Lazzati ha vissuto la dimensione ottimistica della vita cristiana che scaturisce dall’Incarnazione, quel gran balzo di Dio nella nostra storia. Ci ha insegnato l’apprezzamento per ogni valore umano, non escluso il valore dei buoni frutti della terra, il risotto alla milanese e il buon vino. Ha vissuto il mistero dell’incarnazione come inserimento nel mondo, nella storia, con il riconoscimento della relativa autonomia delle realtà terrene. Il tema per Lui centrale della laicità ha qui il suo fondamento. Per questo è stato uomo dedito allo studio, alla ricerca scientifica, all’insegnamento universitario e alla guida dell’Università Cattolica. Non si è sottratto al servizio delle Istituzioni sia civili che ecclesiastiche e per una significativa stagione, uomo politico prima all’Assemblea Costituente e poi nella prima legislatura repubblicana. Non ha mai considerato la fede come un alibi che possa esonerare dalla fatica di immergersi nello spessore dell’umano. Ma la sua appartenenza al mondo è stata ‘paradossale’. Talvolta per essere aperti al mondo si finisce per assumere stili mondani cedendo a compromessi. Giuseppe Lazzati ha vissuto la dimensione seria, mai pessimistica ma talora drammatica, dell’esistenza cristiana. Quella dimensione che sta sotto il segno della croce e del peccato dell’uomo. Non solo perché per due anni non si è sottratto alla dura condivisione della condizione di deportato nei Lager nazisti, ma anche perché non ha mai ceduto alle mode del tempo, alla facilità di una vita mondana. Questa sua duplice fedeltà al mondo ma senza identificarsi con esso Lazzati ha svolto soprattutto nel lavoro educativo. Maestro capace di singolare ascolto dei giovani e della condivisione dei loro interrogativi, paziente nell’accompagnare i cammini di ricerca ha mostrato la paradossalità della Parola evangelica, le intransigenze che essa propone. Pur mettendosi accanto al giovane in ricerca, non è mai venuto meno al compito educativo di indicare la misura alta ed esigente del cammino di fede. Paradossale la proposta educativa di Giuseppe Lazzati perché fondata su un evento davvero paradossale per la nostra intelligenza: la presenza del Risorto. E proprio perché un futuro è possibile grazie alla presenza del Risorto, lo stile pasquale del cristiano è capace di anticipare nei solchi del tempo le primizie del Regno. Quanta cultura, come coltivazione di tutto l’uomo e di tutti gli uomini, è stata generata nel tempo proprio da uomini e donne animati dalla fede nel Risorto. Ma soprattutto questa paradossalità si esprime nella libertà per il Regno di Dio, nell’incondizionata dedizione di sé, in un progetto di vita come vocazione. Serpeggia oggi la sfiducia circa la possibilità di giocare tutta intera l’esistenza in un progetto di vita come vocazione. Giuseppe Lazzati ha accompagnato molti giovani nella scelta di una dedicazione all’Evangelo vivendo la vita quotidiana di lavoro nella forma degli Istituti secolari. Lui, per primo, ha vissuto questa scelta. Papa Francesco lo ha dichiarato ‘venerabile’ invitandoci a guardarlo e imitarlo.
Don Giuseppe Grampa, amico di Giuseppe Lazzati e Parroco della Comunità Pastorale San Giovanni il Precursore del quartiere di Città Studi.