I COLORI DELLA FEDE NELL’OPERA DI CHAGALL
Sconfiniamo dalla zona 3, per una volta: parliamo della mostra di Chagall che c’è a Milano (a dire il vero, due, una a palazzo Reale l’altra al Museo Diocesano). Ecco l’interessante contributo di Silvia Morosi.
Le sue opere più conosciute raccontano con colori accesi e carichi di allegria un mondo magico e sottosopra, dove figure di innamorati, violinisti, contadini e animali fluttuano nell’aria e si librano nel vento. Un mondo visionario, ispirato dalla cultura popolare russa, che combina sogno e immaginazione. Quello che si può ammirare fino al 1 febbraio 2015 al Museo Diocesano di corso di Porta Ticinese è, però, un Marc Chagall inaspettato. In mostra sono esposti, infatti, 60 lavori che il “pittore poeta” per antonomasia ha dedicato alla Bibbia negli anni Sessanta. Sin da giovane Moshe Segal (ndr. Il nome di battesimo dell’artista russo, di origine ebraica, naturalizzato francese) rimase affascinato dal Testo Sacro, considerato come la più importante “fonte di poesia e di arte”.
Le pagine della Bibbia, scrisse, sono “l’alfabeto colorato in cui per secoli i pittori hanno intinto il loro pennello”. Fu il mercante d’arte Ambroise Vollard a suggerire nel 1930 a Chagall di realizzare la serie ispirata al Messaggio biblico, che dal pittore venne declinata con un’attenzione particolare all’Antico Testamento. L’artista ebbe, infatti, sempre a cuore i temi legati all’ebraismo, in particolare a una delle sue correnti, quella chassidica, risalente alla metà del XVIII secolo. Il chassidismo, rispetto alla tradizione colta (talmudica), è fondato su una mistica e una spiritualità accessibili anche alla gente comune. Chagall decise di recarsi personalmente in Israele per visitare i luoghi dove vissero i Profeti: “Ho voluto toccare la terra. Sono andato a verificare certi sentimenti, senza la macchina fotografica, senza neanche il pennello. Nessun documento, nessuna impressione da turista, eppure sono contento (è la parola giusta?) di esserci stato. Là, nelle vie a gradinate, migliaia di anni prima camminava Gesù. Là vanno e vengono verso il Muro del Pianto ebrei con la barba, l’abito blu, giallo, rosso e il copricapo di pelliccia. Da nessun’altra parte ci si sente tanto sgomenti e felici come vedendo la massa millenaria delle pietre e della polvere di Gerusalemme, di Safad, dei monti dove sono sepolti profeti su profeti”. La Gerusalemme dipinta nei suoi quadri in realtà è quasi un miraggio e non contempla monumenti storici o luoghi riconoscibili geograficamente con precisione. Lui stesso confessò: “lo non vedevo la Bibbia, la sognavo”. Tornato a Parigi, Chagall incise le 105 acqueforti tra il 1931 e il 1939, anno in cui fu costretto a recarsi in Olanda allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale. Un evento che sconvolse la sua vita personale e artistica, influenzandone l’opera a partire dai colori. Quello che affascina dei quadri di Chagall è lo spazio lasciato – dietro ai volti che si tingono dei colori scuri della Shoah e al cielo rosso sangue- a una luce flebile che indica un cammino di Resurrezione e rinascita. La luce della Croce che l’autore sceglie come simbolo delle sofferenze del Suo popolo e di tutti gli uomini è il segno unico e insuperabile di un Dio che per Amore infinito si consegna alla morte. La Croce di un Gesù ebreo che Chagall testimonia facendogli indossare il Tallit, il tradizionale manto della preghiera. Chagall vuole superare i confini delle religioni e vede nell’Ebreo ucciso e annientato dall’odio razziale la figura di ogni innocente ingiustamente sacrificato. La sua opera ancora oggi ci sostiene nella nostra fede aiutandoci con il colore, con la luce, con quei simboli a volte complessi, con tratti primitivi, a scavare dentro la nostra storia di credenti. Facendosi uomo, il Figlio di Dio ha introdotto nella storia dell’umanità tutta la ricchezza evangelica della verità e del bene, e con essa ha svelato anche una nuova dimensione della bellezza. La Sacra Scrittura è diventata così una sorta di «immenso vocabolario» (Paul Claudel), un «atlante iconografico» a cui attingere secondo Chagall. Armandoci di semplicità e di stupore ritroviamo nelle sue opere “non il sogno di un sol popolo ma quello dell’umanità. Mi sono riferito a quel grande libro universale che è la Bibbia. Fin dall’infanzia, mi ha riempito di visioni sul destino del mondo e mi ha ispirato nel mio lavoro. Nei momenti di dubbio, la sua grandezza e la sua saggezza altamente poetiche mi hanno quietato. Essa è per me come una seconda natura”, spiegò. La seconda natura che ritrovò quando, fuggito nel 1941, si trasferì in America e ritornò in Francia solo nel 1948. Morendo a Saint Paul de Vence il 28 marzo del 1985, all’età di 97 anni, trovando posto nel cimitero cattolico.
Silvia Morosi
CHAGALL E LA BIBBIA
Dove? Museo Diocesano, corso di Porta Ticinese 95
Quando? 17 settembre 2014 – 1 febbraio 2015